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sabato 30 aprile 2016

A mio marito




Amore mio,
non sorridere per l'esordio un po' retorico, forse banale.
Per me non è facile: non sono brava con le parole. Sei tu il sognatore, quello che scrive versi ed è felice di risvegliarsi ogni mattina.
Eppure io, pragmatica e disincantata, salda come una quercia, avrei rischiato mille volte di schiantarmi sotto i fulmini della vita, se non avessi avuto te al mio fianco.
Mi sei rimasto accanto anche nei momenti più difficili e hai asciugato le mie lacrime. Un mare di lacrime, tante ne ho versate, ma con la consapevolezza che ad annaspare con me in quel mare burrascoso ci fossi tu, pronto a trarmi in salvo sulle spiagge assolate della felicità.
Ti sembrerà strano leggere frasi simili scritte da me. Vorrei provare a dirti tutto quello che mi sono tenuta dentro in tanti anni; non perché il mio cuore fosse scevro di sentimenti, ma perché a volte è così difficile esprimerli a parole...
Spero, con queste lettere, di colmare l'imperdonabile lacuna del mio silenzio e riempire il vuoto assurdo che ci separa...

Tempo e spazio sono soltanto concetti relativi che appartengono al nostro universo limitato.
Il tempo e lo spazio che ci dividono non rappresentano che un battito di ciglia nell'eternità.
So che un giorno chiuderò gli occhi per un istante, e quando solleverò le palpebre ti ritroverò al mio fianco.
Sorriderai, e l'azzurro dei tuoi occhi, che il trascorrere degli anni non è riuscito a sbiadire, sarà di nuovo il mio cielo sereno, solcato da festose ali di gabbiani.
Stringerai tra le tue la mano che adesso trema d'emozione nel vergare queste righe; mi assicurerai che va tutto bene, che ci sei tu a proteggermi e non devo avere paura.
Poserò la testa sul tuo petto e mi lascerò consolare; non potrò evitare di piangere, ma saranno lacrime di sollievo che asciugherò di nascosto con le nocche delle dita per non farti preoccupare.
È una vita intera che ti preoccupi per me, e forse non ho saputo dimostrarti quanto te ne fossi grata. Voglio provare a farlo adesso; non è troppo tardi: il tempo e lo spazio si annulleranno per noi...

Il tempo con noi è stato generoso, eppure è trascorso nel breve lasso di un respiro.
Abbiamo esplorato insieme, tenendoci per mano, i sentieri tortuosi della vita. Spesso il cammino è stato lieve, alcune volte irto di pericoli e difficoltà; non ci siamo arresi, e soprattutto non ci siamo persi.
Ci siamo goduti appieno ogni stagione: la primavera piena di sogni della gioventù, l'estate sfolgorante della maturità, l'autunno carico di riflessi dorati, il grato riposo dell'inverno.
Il nostro viale del tramonto non ha udito i sospiri melanconici di due anime stanche e rassegnate, ma l'eco delle risate di quei fanciulli che non abbiamo mai lasciato morire dentro di noi.
È stato sublime, è stato terribile, è stata un'avventura senza eguali, ed è stato tutto questo grazie a te.
Se potessi dilatare il tempo e tornare al nostro primo appuntamento, mi perderei ancora nel tuo sguardo e vibrerei di trepidazione al suono della tua voce. Ti affiderei la mia mano e la mia anima, e accetterei che mi offrissi quel gelato del quale, dopo tanti anni, non ho dimenticato il sapore...

Eravamo appena due bambini: nemmeno trent'anni in due. Ci vedevamo di nascosto nel parco dopo la scuola; dieci minuti rubati, poi a casa di corsa per non arrivare in ritardo ed essere costretti a dare spiegazioni.
Se ci avanzava qualche spicciolo della merenda, compravamo un gelato dall'omino con il carretto; un gusto trenta lire, due gusti cinquanta. Prendevamo un solo cono, panna e cioccolato, e lo assaporavamo con lentezza per farlo durare il più a lungo possibile.
Posare le labbra dove avevi appoggiato le tue era un'emozione sconosciuta ed esaltante, un po' come baciarci.
Il primo bacio ce lo siamo dati per sbaglio; toccava a me leccare il gelato, o forse toccava a te... avevamo perso il conto. Mi sono ritrovata con la tua bocca morbida premuta sulla mia; era più dolce della crema e più stuzzicante del cioccolato.
È durato appena un istante, ma quel bacio, il nostro primo bacio d'amore, lo ricordo come se ce lo fossimo scambiati ieri.
Oggi sono tornata nel parco; c'è ancora la nostra panchina. Mi sono seduta e ti ho aspettato a lungo...

Ti prego, non sorridere di me e non rimproverarmi: so che dovrà passare parecchio tempo prima che possa rivederti, ma aspettarti ogni giorno, ogni ora, ogni minuto, mi rende meno insopportabile la tua assenza.
Il carretto del gelataio non c'è più ma la panchina è sempre al suo posto, un po' arrugginita e traballante; il boschetto di faggi è diventato quasi una foresta e il nostro praticello è ancora punteggiato di margherite.
Ricordi quante volte le abbiamo sfogliate insieme? Ci affidavamo trepidanti al loro responso, e tu baravi per far tornare il numero dei petali sempre dispari. Fingevo di non accorgermene e ridevo, felice che la complicità dei fiori confermasse i nostri sentimenti.
M'ama, non m'ama... era una sorta di cantilena, quasi un gioco soltanto un po' più intrigante.
In realtà “ti amo” abbiamo trovato il coraggio di dichiararlo solo dopo molto tempo. Ce lo dicevamo con gli occhi, con l'intreccio delle mani, con il casto sfiorarsi delle labbra, ma quelle due piccole, immense parole erano difficili da pronunciare e troppo preziose per andare sprecate nel soffio di un respiro...

“Ti amo” me l'hai detto per la prima volta sulla spiaggia. Io non c'ero mai stata, anche se distava pochi chilometri dal paese.
Quella domenica d'inverno, ho raccontato in casa che andavo al cinema parrocchiale con le amiche; tu hai preso in prestito la bicicletta sgangherata di tuo cugino e mi hai portato sulla canna.
Abbiamo rischiato di cadere più volte, attraversando la pineta sullo sterrato pieno di buche per raggiungere il litorale, ma stretta tra le tue braccia che reggevano il manubrio mi sentivo al sicuro.
Ricordi il mio stupore quando ho visto il mare? Era immenso, più azzurro di quanto immaginassi, e il frangersi delle onde sulla rena bagnata, mischiato al soffio del maestrale, sembrava una sinfonia d'amore.
Siamo rimasti a contemplare lo spettacolo maestoso della natura tenendoci per mano; poi tu hai sussurrato qualcosa che non ho capito: le parole si erano perse nel vento.
Allora l'hai gridato a pieni polmoni: – Ti amo! - e un raggio di sole si è riflesso nei tuoi occhi.
In quel momento ho saputo che sarebbe stato per sempre.

Per sempre...
Quando si è molto giovani, ci s'illude che “per sempre” sia un'unità di misura infinita, un tempo inesauribile; si ha la presunzione di essere eterni e onnipotenti come Dio.
Una mattina apri gli occhi e ti accorgi che il tuo attimo di eternità è già trascorso, si è disgregato come un soffione di tarassaco.
È questa la vita: un soffio; che ci siano concessi un solo giorno o cent'anni, la vita è sempre e soltanto un soffio di vento.
Bisogna avere il coraggio di vivere ogni istante come se fosse l'ultimo; cercare e coltivare l'unico valore che dia un senso all'insensata casualità dell'essere nati: l'amore.
Non tutti hanno la fortuna di amare ed essere amati come è accaduto a noi due, marito mio.
Nei molti anni trascorsi insieme, talvolta l'ho dimenticato; nel dibattermi tra i problemi e le tribolazioni della quotidianità, ho perso di vista ciò che era davvero importante.
Tu sai che ti amo, ma forse non te l'ho dimostrato abbastanza. Me ne rendo conto adesso che sei lontano e ho troppo tempo per pensare e ricordare...


Non sempre i ricordi sono una consolazione: ricordare i tempi felici quando la felicità sembra essere svanita, è un fardello che opprime l'anima.
So che devo pazientare, amore mio, ma mi manchi ogni giorno di più; ormai aspetto solo il momento in cui potrò riabbracciarti.
Nel cassetto del tuo scrittoio ho trovato un vecchio taccuino ingiallito; con un tuffo al cuore, ho riconosciuto il tuo quaderno. Non sapevo che lo conservassi ancora, non immaginavo che non avessi mai smesso di scrivere.
Un tempo componevi poesie e me le leggevi la sera, prima di addormentarci. Erano liriche ingenue, piene d'amore e di tenerezza. Poi la vita ci ha risucchiato nel suo vortice e tu non hai più scritto, o almeno era quello che credevo.
Decifro la tua grafia elegante che si fa incerta e tremolante con lo scorrere delle pagine e degli anni. Non riesco a trattenere le lacrime.
Perché non mi hai detto che continuavi quasi ogni giorno a dedicarmi i tuoi versi, perché io non te l'ho mai domandato? Quante cose abbiamo smesso di confidarci, quanti momenti d'intimità abbiamo perduto?

Se fossi qui e potessi chiederti che ne è stato di quel giovane poeta e della ragazza che s'incantava ad ascoltare le sue poesie, sono sicura che mi asciugheresti le lacrime con le dita e mi scalderesti il cuore con un sorriso.
– Abbiamo vissuto, tesoro mio, – diresti, – abbiamo vissuto e siamo stati felici. Abbiamo colto le nostre rose quando erano in boccio e ne abbiamo conservato il profumo nella memoria quando sono sfiorite. Non ci siamo mai perduti, non abbiamo sepolto il germoglio dell'amore sotto le foglie morte dell'indifferenza. Siamo cresciuti insieme, e sempre insieme, mano nella mano, abbiamo affrontato l'avventuroso viaggio della vita. Con qualche sogno che forse è sfumato strada facendo, ma con la meravigliosa, concreta certezza della nostra quotidianità.
Così mi diresti, ne sono sicura. Se chiudo gli occhi, riesco a vederti e mi sembra di udire la tua voce che pronuncia quelle parole. Posso perfino avvertire la fragranza delle rose che coltivavi con passione nel nostro piccolo giardino, quelle delicate, di un sontuoso rosso crèmisi, che avevi ribattezzato con il mio nome.

Adoro sentirti pronunciare le due sillabe che compongono il mio nome; lo adoro fin dalla prima volta che ci siamo incontrati e mi hai chiesto come mi chiamassi. L'hai ripetuto in un soffio e la timidezza mi ha fatto arrossire e abbassare gli occhi. Un nome comune il mio, quasi banale, ma sulle tue labbra sembrava quello di una principessa delle fiabe, e tu eri il principe dolce e bello come il sole dei miei sogni ingenui di bambina.
Mi manca la tua voce che mi chiama per nome, mi manca la sottile emozione che ogni volta mi fa palpitare, ancora dopo tanti anni. Mi manchi tu. Quanto dovrò aspettarti, amore mio? Quante interminabili notti dovrò trascorrere insonne, orfana delle tue braccia, a maledire la luna, quella luna che un tempo mi era amica, e tentare invano di placare l'assurda sofferenza che mi strazia l'anima nel delirio di queste lettere?
Non appena tornerai le leggeremo insieme, ne rideremo insieme. Mi prenderai un po' in giro e io fingerò di mettere il broncio, ma sentirò il cuore scoppiarmi di felicità...

La felicità... ti affanni a inseguirla e non ti accorgi che è lì, fra le tue mani, fatta di tanti piccoli istanti; lieve ed effimera come le farfalle tra i viburni nella poesia del Pascoli che ti è tanto cara.
Non puoi afferrarla la felicità, non puoi fissarne gli attimi in un eterno presente. Chiudi gli occhi e ti ritrovi già vecchia; la vita è trascorsa in un soffio, come sabbia nella clessidra del tempo.
Adesso che sei lontano, mi ricordo di quanto siamo stati felici insieme. Felici negli anni pieni di aspettative della gioventù, in quelli convulsi della maturità e perfino nella melanconica rassegnazione del nostro crepuscolo.
Ero felice senza saperlo, e soltanto ora che non ci sei, mi rendo conto di essermi lasciata scorrere tra le dita quegli attimi preziosi.
Non c'è felicità senza te, amore mio; ho un peso doloroso che mi opprime il petto, un enorme macigno che spezza il respiro in un rantolo affannato.
Il medico dice che è il cuore; mi ha prescritto delle medicine. Non sa che nessuna medicina potrà restituirmi la felicità...

L'inverno è finito, amore mio. Il primo, gelido, interminabile inverno che ho trascorso senza te.
Una tiepida primavera punteggia di fiori i prati e riempie l'aria di profumi. Le nostre rondini sono tornate; tra pochi giorni potrò sentire il pigolio dei nuovi nati provenire dal nido sotto la grondaia. Per la prima volta non lo ascolteremo insieme.
Sono proprio le piccole cose come questa a mancarmi di più, ma tu non preoccuparti: a parte un po' di tristezza mi sento bene, sono forte e saprò aspettare tutto il tempo che sarà necessario.
Oggi sono andata al parco. Sulla nostra panchina, un ragazzo e una ragazza si tenevano per mano e bisbigliavano qualcosa sorridendo; ogni tanto si scambiavano un bacio.
Mi sono intenerita ripensando a noi due a quell'età: in fondo non eravamo tanto diversi.
Il tempo cambia molte cose, ma l'amore resta sempre uguale a se stesso. L'amore sfida il tempo e non ha età. Finché durerà il Mondo, ci sarà sempre una coppia d'innamorati a scambiarsi effusioni e promesse su una panchina, in una splendida giornata di primavera...

Mio caro,
oggi è venuta a trovarmi la bambina. Lo so che nostra figlia ha quasi cinquant'anni, ma per me rimarrà sempre la mia bambina.
Ricordi com'eravamo felici quando l'abbiamo portata a casa dall'ospedale? Ci avevano fatto sposare in fretta e furia, prima che si cominciasse a vedere che ero incinta, e tu avevi abbandonato l'università per cercarti un lavoro, ma ci sembrava di toccare il cielo con un dito.
Non m'importava di avere rinunciato all'abito bianco, alla cerimonia sfarzosa e al ricevimento; non provavo vergogna per quel meraviglioso atto d'amore che aveva generato in me una nuova vita e non temevo le responsabilità e gli impegni che, come prediceva con rammarico mia madre, “mi avrebbero rovinato gli anni migliori”. Avevo te, la nostra creatura e un minuscolo appartamento in affitto: mi sentivo la donna più fortunata del mondo.
Ripensandoci adesso, mi rendo conto di quanto quegli anni siano stati duri, segnati da sacrifici e rinunce, ma allora eravamo giovanissimi, forse un po' incoscienti e tanto innamorati. Il futuro non ci faceva paura perché sapevamo che lo avremmo affrontato insieme...

Quando, quel futuro, ha smesso di sembrarmi così roseo? In che momento la quotidianità ha cominciato ad appannare i sogni? Forse quando non ti ho più chiesto di leggermi le tue poesie perché ero troppo stanca per restare sveglia ad ascoltarle; forse per questo hai preferito nascondermi che le stessi ancora scrivendo.
Mi tormenta il rimorso di non essere stata la moglie che avresti meritato, e me ne rendo conto soltanto adesso che sei lontano.
Nostra figlia dice che devo elaborare e guardare al futuro. Non comprendo questo linguaggio da informatica, non so cosa significhi il termine “elaborare”. Dovrei smettere di aspettarti? Dovrei dimenticare il passato?
Lei non è ancora abbastanza vecchia da sapere che il passato è più reale del futuro, e che i ricordi sono un tesoro da conservare gelosamente per trarne consolazione nei momenti di sconforto.
Lei non sa che mi aggrappo proprio a quei ricordi, a quello che di te mi era sconosciuto e che scopro nel leggere le tue poesie, per trovare la forza di riaprire gli occhi ogni mattina e aspettare il tramonto...

Assomiglia a te nostra figlia; l'azzurro degli occhi è appannato dalla sofferenza, il biondo dorato dei capelli scolora nell'argento dell'età. È ancora molto bella, ma la sua giovinezza è ormai soltanto un ricordo.
Quanto teneramente amiamo la nostra bambina! Forse perché non abbiamo avuto altri figli, forse perché rappresenta il frutto del nostro amore.
La osservo: la sua espressione dolente mi blocca il respiro, come se avessi un macigno sul petto. Vorrei prendere sulle mie spalle anche il suo fardello, vorrei preservarla per sempre dagli affanni della vita.
Ingoio le lacrime e mi sforzo di sorriderle. La stringo forte tra le braccia, le dico di non preoccuparsi: io sto bene e tu tornerai presto. Andrà tutto nel migliore dei modi, andrà com'è giusto e naturale che vada. Fa parte della vita, il dono meraviglioso che ci è stato concesso e del quale dobbiamo accettare tutto. La felicità ma anche il dolore, l'onda e la risacca, l'alba e il tramonto.
Scoppia a piangere a dirotto fra le mie braccia. Vorrei che tu fossi qui con noi e mi aiutassi a consolarla...

Io ho le tue poesie a darmi forza e consolazione, e scriverti queste lettere è come scavare a fondo nella miniera dell'anima, per estrarne le gemme preziose dei ricordi.
Il passato mi aiuta ad affrontare il presente con serenità. Al futuro cerco di non pensare; vivo ogni giorno con pienezza: sbrigo le incombenze quotidiane, do una mano alla bambina, mi godo la compagnia e l'affetto dei nipoti, che vengono a trovarmi ogni volta che possono.
Ho perfino ricominciato a dipingere, quei quadri un po' naif che ti piacciono tanto, e mi prendo cura del giardino. Sai, i cespugli di rose mi hanno regalato una meravigliosa fioritura. Come dici sempre tu, le piante sono vive, sentono chi le ama e restituiscono l'amore che ricevono.
Non è facile andare avanti senza di te, però non voglio che ti preoccupi: mi sento bene e assaporo ogni istante della vita. Sono solo un po' triste, ogni tanto, ma non piango. Non lo faccio quasi mai. So che tu non vuoi che pianga.
Quando tornerai, avrò molte cose da raccontarti e sarai orgoglioso di me...

Ho pensato a tutto e sistemato ogni cosa, amore mio; proprio come avresti desiderato e fatto tu.
Non credevo che ne sarei stata capace, che avrei trovato la forza. La quercia colpita dal fulmine non si è schiantata in mezzo alla bufera; ha saputo farsi giunco e assecondare il vento impetuoso senza lasciarsi sradicare.
È stato doloroso, una sofferenza che non sapevo di poter sopportare; lo è ancora, ma il tempo ha edulcorato le ferite. È trascorso in fretta il tempo, e presto colmerà la voragine che ci separa.
L'attesa sta per terminare; mi sento in pace, sono pronta. Sto bene, mi sembra di vivere una seconda giovinezza, ho ritrovato l'energia e l'entusiasmo che mi avevano abbandonato da anni.
Il mio cuore palpita di trepidazione, come il giorno che ti ho visto aspettarmi sul sagrato della chiesetta dove ci siamo uniti in matrimonio.
Ogni mattina apro gli occhi e penso che potrebbe essere quel giorno, il giorno che tornerai da me. Mi verrai incontro sorridendo come facesti allora, mi prenderai per mano e mi accompagnerai in un meraviglioso viaggio...

Ci concederemo quel viaggio di nozze che non abbiamo fatto e gli altri che abbiamo sempre rimandato. I soldi erano pochi, la bambina aveva bisogno di tante cose e c'era sempre qualcosa di più urgente. Tu lavoravi tutto il giorno e la sera, anche se crollavi dalla stanchezza, mi davi una mano e ti occupavi della piccola.
Non ti ho mai sentito rimpiangere gli studi interrotti o recriminare per le responsabilità che avevi dovuto addossarti troppo presto. Sei stato un buon marito e un buon padre; ci hai regalato gioia e serenità, anche se la vita non ci ha risparmiato giorni bui e dolorosi.
Se ripenso ai nostri cinquant'anni insieme, non ricordo una sola occasione in cui non ti abbia avuto al mio fianco, nel bene e nel male, a infondermi forza e fiducia. Non è trascorso un giorno senza che mi svegliassi con un bacio la mattina, e nell'augurarmi la buona notte, non hai mai dimenticato di aggiungere “amore mio”.
Lo ritrovo nelle tue poesie che parlano di cieli stellati e tramonti, tutto l'amore che sei capace di donare...

Questo quadernetto con le pagine vergate dalla tua grafia è la cosa più preziosa che possieda. Oggi l'ho sfogliato per l'ultima volta, mi sono soffermata a rileggere qualche verso, ho accarezzato la carta un po' ingiallita, ho annusato il tenue profumo della tua acqua di colonia, che ancora conserva.
Il cuore batte più forte del solito; so che non è soltanto per l'emozione, so che il momento si avvicina.
Ho riposto il quaderno in una scatola, insieme alle lettere che ho scritto da quando te ne sei andato e ai documenti per nostra figlia. Ho lasciato qualche riga anche per lei perché non voglio che sia triste: ovunque saremo, tu ed io veglieremo sempre sui nostri cari.
Non mi resta molto tempo e ho ancora alcune cose da fare; desidero rivedere la nostra panchina e salutare il lago che abbiamo tanto amato. Farò un giro sul battello e mi godrò lo stormire delle cannelle al vento e il mormorio dell'acqua nei canali, come facevamo insieme nelle belle giornate di primavera. Tu sarai con me, nei miei pensieri e nel cuore...

Amore mio,
stamani mi sono svegliata presto e mi sento piena di energia come non accadeva da tempo.
Il cuore si è calmato, avverto solo un leggero sfarfallio nel petto, ogni tanto, come se perdesse qualche battito e subito dopo accelerasse per rimettersi in pari. Non fa male, anzi, mi sento leggera come una piuma.
Ho capito che oggi è il gran giorno. Sono felice e piena di entusiasmo perché tra poco ti rivedrò. Non ho paura... forse un pizzico di timore, quel timore che ogni essere umano nutre nei confronti dell'ignoto, ma paura no, e nemmeno rimpianti. Ho avuto una vita lunga e piena, con te e nel tuo ricordo, e la memoria di noi rimarrà intatta nel frutto del nostro amore.
Adesso indosserò il tailleur blu, quello che ti piace tanto e che mi sta ancora bene. Raccoglierò le tue rose preferite, gialle screziate di vermiglio, e verrò per l'ultima volta a portartele.
Questo pazzo, vecchio cuore mi concederà ancora un po' di tempo, prima che il tempo e lo spazio che ci separano si annullino per sempre...

Sono qui, amore mio, nel piccolo cimitero immerso nel verde che ti ha accolto quando te ne sei andato e dove riposi da dieci, lunghi anni.
Ho sistemato con cura le rose nel vaso e spolverato la fotografia. Incontrare i tuoi occhi sorridenti è un'emozione violenta, come la prima volta.
La passeggiata mi ha tolto le forze, il cuore scalcia nel petto come un puledro imbizzarrito. Presto potrà placarsi; gli chiedo solo una manciata di tempo ancora. Il tempo di tornare a casa, la nostra casa, quella dove siamo stati felici.
Aspetterò che tu venga a prendermi. Potrò riabbracciarti, finalmente; potrò stringere di nuovo la tua mano e venire via con te. Non so dove mi porterai: forse in un giardino pieno di fiori profumati, forse in riva al mare, sulla spiaggia bianca e immensa dove ci siamo dichiarati per la prima volta il nostro amore. Qualsiasi luogo, insieme a te, sarà il Paradiso.
Mi sdraierò sul nostro letto, chiuderò gli occhi e ti aspetterò.
Sono così stanca... credo che mi addormenterò. Ti prego, appena arrivi risvegliami con un bacio.