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Magnolia
getta uno sguardo ai quattro uomini impegnati in un’interminabile
partita di poker: tre di loro sono frequentatori assidui del saloon,
il quarto è un forestiero, un messicano, e appena l’ha visto ha
fiutato odore di guai. Ormai li riconosce alla prima occhiata: bounty
killer senza scrupoli, avventurieri a caccia di fortuna, ex cercatori
d’oro frustrati, attaccabrighe e puttanieri.
Le
“mani” sono scivolate via con alterna fortuna, ma l’ultima sta
prendendo una brutta piega: sul piatto, manciate di Eagles
annegano tra mucchi di Green-backs,
e i rilanci sono sempre più pesanti. Che tutti e quattro abbiano un
gioco vincente è impossibile: qualcuno sta bluffando. Gran brutta
faccenda.
«Qui
ci scappa il morto.»
La
voce del barista, appena un sussurro, dà corpo alle sue
preoccupazioni. Si volta a guardarlo: è grigio come lo straccio che
usa per lucidare il bancone di mogano, le labbra tremano sotto i
baffi sottili e gli occhietti di un azzurro annacquato brillano
eccitati nelle orbite.
«Presto,
corri ad avvertire Luke.»
«Non
arriverà in tempo… forse sarebbe meglio chiamare direttamente il
becchino.»
L’occhiata
di Magnolia lo fa ammutolire; biascica di mala voglia un “okay” e
sgattaiola dal retro, borbottando che, “dannazione, per una volta
che succede qualcosa in quella sperduta cittadina della nuova
frontiera, dimenticata da Dio e dagli uomini, non può nemmeno
godersi lo spettacolo.”
«Passo…»
John Lester, un ranchero che ha dilapidato i suoi averi sui tavoli da
gioco, sbatte giù le carte con un moto di stizza. Afferra il
bicchiere e tracanna d’un fiato l’intruglio scuro spacciato per
whisky di ottima qualità, imprecando contro la sorte.
«Anch’io…»
sospira il giovane Will Drake, l’aiutante fabbro, grattandosi la
testa color carota. «Mi sono fottuto tre mesi di paga. All’inferno!»
Il
forestiero piega le labbra in un ghigno e allunga una mano per
arraffare la posta.
«No,
fermo!» tuona paonazzo Mister Johnson, il proprietario della banca,
stringendo le carte bisunte tra le dita simili a salsicciotti. «La
partita non è ancora finita, straniero! Vediamo cosa rispondi a
questo…» caccia fuori dal panciotto una “cipolla” d’argento
massiccio, sgancia la catena e la scaraventa nel mucchio.
Il
messicano non si scompone: non un solo muscolo della faccia butterata
tradisce le sue emozioni. Fissa l’uomo seduto di fronte che gronda
sudore come una padella crivellata dalle pallottole, poi solleva un
lembo del poncho ed estrae un sacchetto di cuoio; scioglie il laccio
e fa rotolare sul tavolo una mezza dozzina di pepite d’oro, sotto
gli occhi allibiti degli astanti.
«Credo
che queste possano bastare per vedere il vostro gioco, Señor,»
replica beffardo.
Mister
Johnson strabuzza gli occhi alla vista della piccola fortuna e
distende le carte con l’espressione famelica del gatto che sta per
ghermire il topo.
«Quattro
donne!»
«Non
bastano contro un poker d’assi…»
La
faccia del banchiere vira di botto dal rosso al verde, per scolorare
in un pallore di cera.
«Non
è possibile! Scopri le carte, figlio del demonio!» sbotta, in preda
a un tremore convulso.
Nel
saloon è calato un silenzio glaciale: il suonatore di banjo ha
smesso di strimpellare una malinconica versione di Red
river valley e
le “ragazze” hanno guadagnato in fretta la scala di legno che
porta al piano superiore, per mettersi al sicuro nelle loro camere.
Magnolia fa scorrere la mano lungo il fianco fino a incontrare un
rigonfiamento sotto le gonne: la Derringer è lì, trattenuta dalla
giarrettiera. Una donna sola, proprietaria di un saloon, dev’essere
pronta a difendere ciò che ha conquistato sputando sangue, oppure a
vendere cara la pelle. La piccola pistola dal grosso calibro è
un’arma micidiale, ma la distanza dai giocatori e la mira imprecisa
complicano le cose. Spera di mantenere i nervi saldi e il controllo
della situazione fino all’arrivo dello sceriffo Marshall.
Lukas
Marshall, soprannominato Tornado
Luke
per l’abilità nel maneggiare le sue colt navy intarsiate d’avorio,
pericolose come la furia delle violente tempeste del Texas, ha
l’animo aspro delle Montagne Rocciose e gli occhi verdi come le
grandi praterie. Si sa ben poco di lui, e nessuno conosce il suo
passato: nell’ovest non si fanno mai troppe domande, soprattutto a
chi preferisce rispondere con la pistola. Se Magnolia potesse
concedersi il lusso d’amare, sarebbe al bel texano triste che
penserebbe, e se sperasse in una vita rispettabile lontano da quel
lurido posto, sarebbe con lui che salterebbe su uno dei treni
sferraglianti della ferrovia che taglia in due la città. Ma un’ex
prostituta, proprietaria di un locale equivoco, non può permettersi
di sognare. Luke capita di rado nel saloon; la notte che lo trovò
ubriaco nel suo letto provò più sorpresa che indignazione.
L’esperienza le aveva insegnato che una donna ha due soli argomenti
per avere la meglio con un uomo, il sesso o una pistola carica,
quindi tirò fuori la Derringer e gliela puntò contro: «Togli
quegli stivali sporchi dalle mie lenzuola e porta le tue chiappe
fuori da qui, cowboy!»
Luke
si sollevò a sedere, la fissò in silenzio con gli occhi luccicanti
di verdi bagliori, poi afferrò i bordi della camicia con entrambe
le mani e se l’aprì sul torace vigoroso.
«Sparate,
Madame…» la voce era ferma nonostante il whisky che aveva bevuto;
arricciando le labbra in un sorriso mesto passò al tu: «Spara,
dolcezza, e mira al cuore.»
Magnolia
ebbe la folgorante certezza che, per quell’uomo, non faceva alcuna
differenza continuare a vivere o morire lì, in quel preciso
instante, nello squallido letto di una puttana da saloon. Provò
pietà per lui e per se stessa, e gli occhi che non piangevano da
secoli si riempirono di lacrime. Rimase a fissarlo sbigottita, con la
pistola stretta fra le mani scosse dal tremito; lui si alzò e con
cautela gliela tolse dalle dita, poi la prese tra le braccia e la
baciò. Il suo alito puzzava di alcool ma le labbra erano morbide, e
delicate le mani che scioglievano i lacci e s’insinuavano sotto le
vesti. Senza quasi rendersene conto si ritrovò a letto, avvinghiata
a lui, nuda tra le sue braccia forti, e fecero l’amore per tutta la
notte senza dire una parola, con una dolcezza che non aveva mai
conosciuto.
Solo
ai primi chiarori dell’alba, mentre Luke si riposava a occhi chiusi
con la testa appoggiata al suo ventre, trovò il coraggio di fargli
quella domanda: «Perché desideri la morte?»
Dopo
un lungo silenzio l’uomo, con voce incolore, le raccontò la storia
di un giovane Ranger, pieno d’ideali e convinto di agire in nome
del nuovo stato dalla stella solitaria e in difesa dei pionieri
colonizzatori dagli attacchi dei nativi, fino a quell’incursione in
un villaggio Comanche sulle rive del Rio Grande. Una strage
scellerata di vecchi, donne e bambini, un orrore che non avrebbe più
dimenticato fino all’ultimo istante della sua vita. Aveva
restituito la stella, era fuggito dal Texas e aveva trascorso quasi
vent’anni vagando per gli Stati dell’Unione, inseguito dai suoi
fantasmi. Non si fermava mai a lungo nello stesso posto e non aveva
amici, tranne il suo cavallo e le sue colt, che sapeva usare
piuttosto bene. Decise di metterle al servizio della legge degli
uomini, poiché ormai aveva abiurato quella di Dio, e divenne uno dei
più temuti bounty
hunters
del west. Catturò e assicurò alla giustizia delinquenti di ogni
genere: preferiva prenderli vivi, a meno che non fosse costretto a
farli fuori per difendere la propria vita. Arrivò in città in
un’alba livida di due anni prima, trascinandosi dietro due
fuorilegge legati ai cavalli: facevano parte di una banda che da mesi
seminava terrore rapinando banche e assaltando treni e diligenze, e
sulle loro teste pendeva una grossa taglia. I due furono processati e
condannati a penzolare da una forca, ma agli altri tre non era
toccata una sorte migliore: le colt di Luke non avevano lasciato loro
nemmeno il tempo di recitare l’ultima preghiera. La notizia del
pistolero texano che, da solo, aveva sgominato un’intera banda,
fece rapidamente il giro della città, e i notabili si affrettarono a
offrirgli un ingaggio come sceriffo, carica vacante dalla morte del
precedente difensore della legge. La paga era modesta, ma si trattava
di un lavoro come un altro e Luke era stanco del continuo
vagabondare: si sentiva vecchio, le confessò, e forse in
quell’angolo di mondo ai confini della civiltà avrebbe trovato un
po’ di pace…
«Vedo
solo tre assi… dov’è il quarto?»
La
voce di Mister Johnson riporta Magnolia al presente. Il messicano
estrae una colt dalla cintura e la posa accanto alle tre carte
scoperte.
«Ecco
l’asso di cuori, Señor…» ghigna.
«Ma
che diavolo…» il banchiere sussulta sulla sedia, rosso di collera,
fra il mormorio generale, ma lo straniero estrae rapidamente la
seconda colt e gli piazza la canna in mezzo alla fronte, bloccando le
sue rimostranze.
«Vorreste
affermare che sto barando, Señor?» sibila, beffardo. «Qualcun
altro ha qualcosa da ridire?» gira intorno lo sguardo, a interrogare
i presenti. Nessuno osa fiatare.
«Bueno!
Siete tutti testimoni che questo è un poker d’assi.»
«È
solo un tris… e voi siete un imbroglione!» Magnolia gli è
arrivata alle spalle in silenzio e gli ha puntato la Derringer alla
testa. «Non voglio bari nel mio locale. Avete tre secondi per
alzarvi da quella sedia e andarvene lontano da qui.»
Il
messicano solleva lo sguardo su di lei e la bocca dai denti radi si
allarga in un sorriso divertito: «Caramba, Señora! Usted tiene más
valor que todos estos cobardes! Pero es muy peligroso jugar con
este…» rapido come il fulmine, si alza di scatto e le strappa la
pistola di mano. Prima che la donna abbia il tempo di reagire, le
passa un braccio intorno alla vita e la immobilizza. Magnolia sente
il freddo bacio della bocca d’acciaio della colt premuta contro la
tempia.
«Lo
siento, Señora, ma devo chiedervi di rimanere immobile e in
silenzio. Sería una pena hacer daño a una flor tan hermosa. Ahora
sólo tenemos que esperar…»
«Chi
dobbiamo aspettare?» chiede Magnolia con un filo di voce.
«Usted
lo sabe muy bien…» ride il messicano, «il nostro magnifico
sceriffo! Credete che non sappia dov’è finito il barista? Yo no
soy tonto, Señora.»
«Oggi
è il tuo giorno fortunato, bastardo,» tutti gli occhi si voltano
nella direzione dalla quale proviene la voce. La sagoma dello
sceriffo Marshall, pistole in mano e sguardo di ghiaccio, si staglia
nel vano della porta spalancata. «La tua attesa è terminata. Lascia
la donna e getta la colt, se ci tieni a uscire da qui con le tue
gambe.»
Il
messicano prorompe in una fragorosa risata: «Buenas tardes, gringo,
finalmente ci incontriamo!»
«Chi
diavolo sei?» replica Luke. «Che sia dannato se ho mai visto il tuo
sporco muso!»
«Es
verdad, tu non mi conosci, ma hai conosciuto mio fratello: l’hai
ammazzato ad Abilene, e l’hai lasciato con la faccia nella polvere
come un cane rognoso. Manuel Gutierrez: ricordi questo nome, Tornado
Luke?»
«Manuel
Gutierrez… baro di professione, assassino e stupratore, ricercato
in tutti gli stati dell’Unione. Certo che lo ricordo: gli ho dato
la caccia per mesi. Fu lui a sfidarmi e l’ho ucciso in un duello
regolare. Adesso posa le armi e arrenditi, se non vuoi fare la stessa
fine!»
«Non
sono venuto a stanarti da questo buco per perdere tempo in
chiacchiere, hombre, ma per pareggiare i conti: il tuo sangue per il
sangue di Manuel! Uno di noi due non vedrà l’alba di domani, e
quello non sarò io…» minaccia il messicano con un lampo d’odio
negli occhi.
«Okay,»
replica lo sceriffo imperturbabile, «per morire un giorno vale
l’altro. Ti aspetto fuori, così’ la facciamo finita…» gira
sui tacchi ed esce, senza nemmeno sentire il “No, Luke, aspetta!”
gridato da Magnolia.
«Adiós,
Señora, è stato un piacere conoscervi…» il messicano le fa un
lieve inchino e guadagna la porta del saloon.
Per
alcuni, interminabili istanti, nessuno osa muoversi, e la donna sente
l’angoscia dilagarle nel cuore e paralizzarle le membra. Si
riscuote al rumore secco di due spari quasi simultanei e si precipita
fuori, gridando il nome dello sceriffo. Luke è in piedi in mezzo
allo spiazzo di terra battuta antistante al saloon, con la pistola
ancora stretta nel pugno. Vivo! Pazza di felicità corre verso di
lui, e solo in quel momento vede il corpo del messicano riverso a
terra, con gli occhi spalancati al cielo.
«Se
credi in qualche Dio, recita una preghiera per lui…» mormora lo
sceriffo. «Anche se penso che la sua anima bruci già tra le fiamme
dell’inferno…» Magnolia sospira di sollievo e lo abbraccia,
strappandogli una smorfia di dolore. Lo guarda: Luke è pallido come
uno straccio e con la mano sinistra si comprime il petto, appena
sotto il cuore, dove si allarga una chiazza di sangue. Vacilla tra le
sue braccia e si accascia in ginocchio nella polvere. «Ed io sto per
raggiungerlo…» termina con un filo di voce.
La
donna s’inginocchia accanto a lui e lo stringe forte; la sua mente
rifiuta di accettare l’evidenza: «Coraggio… ti porto dal
dottore…»
«Non
mi serve nessun dottore… quel bastardo aveva la mano veloce, anche
se la sua mira era pessima.» Solleva gli occhi verdi ad accarezzarla
con lo sguardo per l’ultima volta: «Non piangere per me, dolcezza…
tu sei l’unica che ha saputo mirare al cuore.»