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lunedì 29 aprile 2013

A mio padre


Mio padre è un grande vecchio,
capelli candidi e volto rugoso.
Lo guardo incedere zoppicando,
fragile di membra e indomito nell’animo;
leggo negli occhi scuri, così simili ai miei,
la voglia di vivere e il timore della morte.
M’intenerisce la malinconia degli a m’arcord
nel dolce accento della sua Romagna.
Vorrei che raccontasse senza pudori:
la gioventù, gli anni duri della guerra,
le idee di libertà e l’insofferenza a ogni giogo,
la dignità degli onesti e la fierezza
che hanno reso unica la sua lunga vita,
e che mi ha trasmesso, insieme al sangue.
Mi sento ancora bambina, al suo cospetto:
la figlia tanto amata, non sempre capita,
che troppe volte ha dovuto perdonare,
ma che non ha mai lasciato da sola.
Spesso l’ho deluso, e non me ne do pace,
e per le volte che l’ho reso orgoglioso,
anche se fugaci, il mio cuore esulta, lieve
come una danza di farfalle colorate.

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