Si è voltata verso Lorenzo, l'ha fissato per un istante, pensierosa, poi gli ha sorriso. La neve che cade sul deserto! Ecco, non c'è paragone più adatto a descrivere l'eccezionalità dei suoi occhi. Di colore verde azzurro, profondi come il mare, limpidi come un cielo sereno. Un solo sguardo, e Lorenzo si sente perduto. Naufrago nell'abisso delle iridi cristalline, disperso nel fitto bosco delle ciglia setose. Funambolo in equilibrio precario sul profilo del suo naso perfetto, affamato dei turgidi frutti delle sue labbra morbide. Assetato del suo respiro, che vorrebbe fondere con il proprio, fino a perderlo.
Nei panni di Yebrahim si trova perfettamente a suo
agio e a volte, se chiude gli occhi, immagina se stesso con il volto coperto
dalla Taghelmoust color indaco, per ripararsi dal vento, dal sole e dalla
sabbia, che in groppa a un cammello percorre senza sosta chilometri di deserto,
da una sorgente all'altra, alla ricerca di pascoli per il bestiame. Il ragazzo
che non si è mai mosso dal paese sogna lunghe file di carovane che attraversano
una terra impervia, fatta di distese sterminate di sabbia e rocce. E gli sembra
di vedere il colore delle dune, che varia dall'ocra al rosso, mentre si
accavallano e si muovono secondo la spinta del vento, sotto un cielo azzurro
intenso di giorno e traboccante di stelle la notte. E nelle fredde notti
stellate, dopo essersi ristorato bevendo tè bollente accanto al fuoco, immagina
di trovare riparo sotto una tenda, dove una bellissima donna, dai lunghi
capelli neri e grandi occhi, scuri come le tenebre, lo avvolge tra le braccia
morbide e profumate, fino a farlo sprofondare nel vortice della passione.
Solo che adesso la donna che turba i suoi sensi è
bionda, con la pelle color del miele e le iridi chiare... Marina!
È rannicchiata in una delle grandi poltrone di
velluto del lussuoso salone di Villa Ortensia, con indosso soltanto una
vestaglia di seta, allacciata in vita. Fa ancora molto caldo, ma ha il corpo
scosso dai brividi e un leggero sudore le imperla i contorni del viso,
accaldato. I capezzoli, turgidi per l'eccitazione, premono contro la stoffa
sottile; gli spasmi che contraggono il basso ventre le rendono faticoso il
respiro. Appoggia la nuca alla spalliera e chiude gli occhi. La determinazione
di non accarezzarsi, mentre con la voce guidava Lorenzo alla soddisfazione dei
sensi, è stata un'auto imposizione difficile da rispettare, e adesso si sente
spossata, come se avesse dato sfogo alle sue voglie in un amplesso estenuante.
Lorenzo... fino a due giorni fa era soltanto lo
sbiadito ricordo di un ragazzino non ancora adolescente, figlio di una signora
gentile dalla quale andava a fare i mestieri. Non rammenta che le sia capitato
di ripensare a lui, negli anni trascorsi lontano dal paese, se non i primissimi
tempi, quando la nostalgia la teneva sveglia la notte. La nostalgia, insieme
alla consapevolezza dell'enormità del gesto che aveva compiuto: si era venduta,
aveva rinunciato alla sua giovinezza, ai suoi sogni, alla libertà, per scappare
quasi come una ladra. Si era arresa, aveva smesso di lottare... e aveva appena
vent'anni!
La
potente fuoriserie sfreccia sulla litoranea, ignorando il limite di velocità.
Lorenzo è sicuro che Marina sia capace di infrangere tutti i limiti, e farli
infrangere anche a lui. Contempla il profilo perfetto della donna, concentrata
nella guida, e si sente avvampare di desiderio. Le mani affusolate, dalle
unghie lunghe e laccate di rosso, gli suscitano fantasie terribilmente
erotiche: vorrebbe sentirsele sulla pelle, quelle mani, carezzevoli ma anche
graffianti. Si sente quasi svenire dall'eccitazione. Lei ha superato le ultime
case della periferia del paese e continua a guidare, con la sicurezza di chi
conosce bene il luogo. Rallenta, fino a fermarsi in un piccolo slargo, che
delimita le dune sabbiose del tratto di spiaggia incustodita; parcheggia al
riparo di alcuni cespugli che occultano l'auto alla vista dei passanti. La
notte è stellata: si potrebbe immaginare di essere nel deserto, se non fosse
per il rumore della risacca a pochi metri di distanza. Non si sono scambiati
nemmeno una parola, durante il tragitto. Lorenzo è rimasto in silenzio, in
trepidante attesa, da quando l'ha portato via dalla casa che condivide con gli
altri, al culmine della festa. “Lorenzo, ti andrebbe di fare un giro con la
mia auto?” I ragazzi e Maria si erano scambiati occhiate allusive, qualcuno
aveva sorriso. Moustapha annuiva,
soddisfatto. “Sì!” aveva mormorato il giovane, e si era lasciato rapire.
Marina sfila la chiave dal cruscotto, si volta verso
di lui e lo fissa; gli occhi, più brillanti delle stelle, gli scavano fino in
fondo all'anima.
<<Hai mai fatto il bagno nudo, di
notte?>>
Lorenzo ha
appoggiato appena il dito sul campanello; il cancello si apre dopo pochi
secondi.
<<Lei
Signor Lorenzo? Signora Altieri sta aspettando, prego... >>
Fissa
il domestico Filippino, a bocca aperta: il volto dai lineamenti esotici non
tradisce emozione né curiosità. Gli ha fatto un cenno con la mano, come invito
a entrare, e lo precede in silenzio, per il vialetto alberato del parco di
Villa Ortensia. Lorenzo sente il battito del cuore che sovrasta il rumore dei
propri passi, sull'acciottolato di ghiaia sottile. È la prima volta che va da
lei, a casa sua: la sua padrona lo sta aspettando... per farlo morire nel suo
letto... nudo e legato! La mente vacilla, in preda allo stordimento. Stringe forte il lungo stelo della rosa
scarlatta che ha preso per lei e sente il dolore delle spine acuminate che si
conficcano nella carne. Apre il palmo e fissa come ipnotizzato le gocce rosso
scuro che fioriscono sulla pelle ambrata; il sangue... ecco, le porterà in dono
il suo sangue. E il fuoco dell'incontenibile passione che gli strazia l'anima e
gli torce le viscere. La sua Padrona sarà contenta di lui e lo farà morire.
Morire di piacere... morire d'amore. Morire... a sangue e fuoco.
<<Baciami le scarpe, Signor Rettore del
cazzo!>>
L'uomo
si era accasciato in ginocchio, il flaccido corpo scosso da un tremito
incontenibile, il volto paonazzo dalla vergogna, gli occhi vacui smarriti
dall'angoscia.
<<Signora
Altieri, la prego... >>
<<Baciami
le scarpe, MALEDETTO-LURIDO-PORCO!>>
Era
scoppiato in singhiozzi, ma lei non si era mossa a pietà. Aveva provato la stessa
sensazione di schifo di quindici anni prima, quando gli aveva sputato in faccia
ed era scappata dal suo ufficio. Quindici anni passati a coltivare l'odio, a
tessere la trama della vendetta.
<<Ti
ho detto di baciarmi le scarpe! Subito!>> Aveva tuonato, sovrastandolo
dall'alto dei tacchi da vertigine, incombendo su di lui con la furia dell'ira
vendicatrice. L'uomo aveva appoggiato i
palmi a terra e abbassato il viso fin quasi a sfiorare il pavimento;
aveva tirato fuori la lingua, con un guaito da cane bastonato, e le aveva
leccato la fiammeggiante vernice delle scarpe. Le era venuto da vomitare, come
quel giorno...
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