Amore mio,
non sorridere per l'esordio un po' retorico, forse banale.
Per me non è facile: non sono brava con le parole. Sei tu
il sognatore, quello che scrive versi ed è felice di risvegliarsi ogni mattina.
Eppure io, pragmatica e disincantata, salda come una
quercia, avrei rischiato mille volte di schiantarmi sotto i fulmini della vita,
se non avessi avuto te al mio fianco.
Mi sei rimasto accanto anche nei momenti più difficili e
hai asciugato le mie lacrime. Un mare di lacrime, tante ne ho versate, ma con
la consapevolezza che ad annaspare con me in quel mare burrascoso ci fossi tu,
pronto a trarmi in salvo sulle spiagge assolate della felicità.
Ti sembrerà strano leggere frasi simili scritte da me.
Vorrei provare a dirti tutto quello che mi sono tenuta dentro in tanti anni;
non perché il mio cuore fosse scevro di sentimenti, ma perché a volte è così
difficile esprimerli a parole...
Spero, con queste lettere, di colmare l'imperdonabile
lacuna del mio silenzio e riempire il vuoto assurdo che ci separa...
Tempo e spazio sono soltanto concetti relativi che
appartengono al nostro universo limitato.
Il tempo e lo spazio che ci dividono non rappresentano che
un battito di ciglia nell'eternità.
So che un giorno chiuderò gli occhi per un istante, e
quando solleverò le palpebre ti ritroverò al mio fianco.
Sorriderai, e l'azzurro dei tuoi occhi, che il trascorrere
degli anni non è riuscito a sbiadire, sarà di nuovo il mio cielo sereno,
solcato da festose ali di gabbiani.
Stringerai tra le tue la mano che adesso trema d'emozione
nel vergare queste righe; mi assicurerai che va tutto bene, che ci sei tu a
proteggermi e non devo avere paura.
Poserò la testa sul tuo petto e mi lascerò consolare; non
potrò evitare di piangere, ma saranno lacrime di sollievo che asciugherò di
nascosto con le nocche delle dita per non farti preoccupare.
È una vita intera che ti preoccupi per me, e forse non ho
saputo dimostrarti quanto te ne fossi grata. Voglio provare a farlo adesso; non
è troppo tardi: il tempo e lo spazio si annulleranno per noi...
Il tempo con noi è stato generoso, eppure è trascorso nel
breve lasso di un respiro.
Abbiamo esplorato insieme, tenendoci per mano, i sentieri
tortuosi della vita. Spesso il cammino è stato lieve, alcune volte irto di
pericoli e difficoltà; non ci siamo arresi, e soprattutto non ci siamo persi.
Ci siamo goduti appieno ogni stagione: la primavera piena
di sogni della gioventù, l'estate sfolgorante della maturità, l'autunno carico
di riflessi dorati, il grato riposo dell'inverno.
Il nostro viale del tramonto non ha udito i sospiri
melanconici di due anime stanche e rassegnate, ma l'eco delle risate di quei
fanciulli che non abbiamo mai lasciato morire dentro di noi.
È stato sublime, è stato terribile, è stata un'avventura
senza eguali, ed è stato tutto questo grazie a te.
Se potessi dilatare il tempo e tornare al nostro primo
appuntamento, mi perderei ancora nel tuo sguardo e vibrerei di trepidazione al
suono della tua voce. Ti affiderei la mia mano e la mia anima, e accetterei che
mi offrissi quel gelato del quale, dopo tanti anni, non ho dimenticato il
sapore...
Eravamo appena due bambini: nemmeno trent'anni in due. Ci
vedevamo di nascosto nel parco dopo la scuola; dieci minuti rubati, poi a casa
di corsa per non arrivare in ritardo ed essere costretti a dare spiegazioni.
Se ci avanzava qualche spicciolo della merenda, compravamo
un gelato dall'omino con il carretto; un gusto trenta lire, due gusti
cinquanta. Prendevamo un solo cono, panna e cioccolato, e lo assaporavamo con
lentezza per farlo durare il più a lungo possibile.
Posare le labbra dove avevi appoggiato le tue era
un'emozione sconosciuta ed esaltante, un po' come baciarci.
Il primo bacio ce lo siamo dati per sbaglio; toccava a me
leccare il gelato, o forse toccava a te... avevamo perso il conto. Mi sono
ritrovata con la tua bocca morbida premuta sulla mia; era più dolce della crema
e più stuzzicante del cioccolato.
È durato appena un istante, ma quel bacio, il nostro primo
bacio d'amore, lo ricordo come se ce lo fossimo scambiati ieri.
Oggi sono tornata nel parco; c'è ancora la nostra panchina.
Mi sono seduta e ti ho aspettato a lungo...
Ti prego, non sorridere di me e non rimproverarmi: so che
dovrà passare parecchio tempo prima che possa rivederti, ma aspettarti ogni
giorno, ogni ora, ogni minuto, mi rende meno insopportabile la tua assenza.
Il carretto del gelataio non c'è più ma la panchina è
sempre al suo posto, un po' arrugginita e traballante; il boschetto di faggi è
diventato quasi una foresta e il nostro praticello è ancora punteggiato di
margherite.
Ricordi quante volte le abbiamo sfogliate insieme? Ci
affidavamo trepidanti al loro responso, e tu baravi per far tornare il numero
dei petali sempre dispari. Fingevo di non accorgermene e ridevo, felice che la
complicità dei fiori confermasse i nostri sentimenti.
M'ama, non m'ama... era una sorta di cantilena, quasi un
gioco soltanto un po' più intrigante.
In realtà “ti amo” abbiamo trovato il coraggio di
dichiararlo solo dopo molto tempo. Ce lo dicevamo con gli occhi, con
l'intreccio delle mani, con il casto sfiorarsi delle labbra, ma quelle due
piccole, immense parole erano difficili da pronunciare e troppo preziose per
andare sprecate nel soffio di un respiro...
“Ti amo” me l'hai detto per la prima volta sulla spiaggia.
Io non c'ero mai stata, anche se distava pochi chilometri dal paese.
Quella domenica d'inverno, ho raccontato in casa che andavo
al cinema parrocchiale con le amiche; tu hai preso in prestito la bicicletta
sgangherata di tuo cugino e mi hai portato sulla canna.
Abbiamo rischiato di cadere più volte, attraversando la
pineta sullo sterrato pieno di buche per raggiungere il litorale, ma stretta
tra le tue braccia che reggevano il manubrio mi sentivo al sicuro.
Ricordi il mio stupore quando ho visto il mare? Era
immenso, più azzurro di quanto immaginassi, e il frangersi delle onde sulla
rena bagnata, mischiato al soffio del maestrale, sembrava una sinfonia d'amore.
Siamo rimasti a contemplare lo spettacolo maestoso della
natura tenendoci per mano; poi tu hai sussurrato qualcosa che non ho capito: le
parole si erano perse nel vento.
Allora l'hai gridato a pieni polmoni: – Ti amo! - e un
raggio di sole si è riflesso nei tuoi occhi.
In quel momento ho saputo che sarebbe stato per sempre.
Per sempre...
Quando si è molto giovani, ci s'illude che “per sempre” sia
un'unità di misura infinita, un tempo inesauribile; si ha la presunzione di
essere eterni e onnipotenti come Dio.
Una mattina apri gli occhi e ti accorgi che il tuo attimo
di eternità è già trascorso, si è disgregato come un soffione di tarassaco.
È questa la vita: un soffio; che ci siano concessi un solo
giorno o cent'anni, la vita è sempre e soltanto un soffio di vento.
Bisogna avere il coraggio di vivere ogni istante come se
fosse l'ultimo; cercare e coltivare l'unico valore che dia un senso
all'insensata casualità dell'essere nati: l'amore.
Non tutti hanno la fortuna di amare ed essere amati come è
accaduto a noi due, marito mio.
Nei molti anni trascorsi insieme, talvolta l'ho
dimenticato; nel dibattermi tra i problemi e le tribolazioni della
quotidianità, ho perso di vista ciò che era davvero importante.
Tu sai che ti amo, ma forse non te l'ho dimostrato
abbastanza. Me ne rendo conto adesso che sei lontano e ho troppo tempo per
pensare e ricordare...
Non sempre i ricordi sono una consolazione: ricordare i
tempi felici quando la felicità sembra essere svanita, è un fardello che
opprime l'anima.
So che devo pazientare, amore mio, ma mi manchi ogni giorno
di più; ormai aspetto solo il momento in cui potrò riabbracciarti.
Nel cassetto del tuo scrittoio ho trovato un vecchio
taccuino ingiallito; con un tuffo al cuore, ho riconosciuto il tuo quaderno.
Non sapevo che lo conservassi ancora, non immaginavo che non avessi mai smesso
di scrivere.
Un tempo componevi poesie e me le leggevi la sera, prima di
addormentarci. Erano liriche ingenue, piene d'amore e di tenerezza. Poi la vita
ci ha risucchiato nel suo vortice e tu non hai più scritto, o almeno era quello
che credevo.
Decifro la tua grafia elegante che si fa incerta e
tremolante con lo scorrere delle pagine e degli anni. Non riesco a trattenere
le lacrime.
Perché non mi hai detto che continuavi quasi ogni giorno a
dedicarmi i tuoi versi, perché io non te l'ho mai domandato? Quante cose
abbiamo smesso di confidarci, quanti momenti d'intimità abbiamo perduto?
Se fossi qui e potessi chiederti che ne è stato di quel
giovane poeta e della ragazza che s'incantava ad ascoltare le sue poesie, sono
sicura che mi asciugheresti le lacrime con le dita e mi scalderesti il cuore
con un sorriso.
– Abbiamo vissuto, tesoro mio, – diresti, – abbiamo vissuto
e siamo stati felici. Abbiamo colto le nostre rose quando erano in boccio e ne
abbiamo conservato il profumo nella memoria quando sono sfiorite. Non ci siamo
mai perduti, non abbiamo sepolto il germoglio dell'amore sotto le foglie morte
dell'indifferenza. Siamo cresciuti insieme, e sempre insieme, mano nella mano,
abbiamo affrontato l'avventuroso viaggio della vita. Con qualche sogno che
forse è sfumato strada facendo, ma con la meravigliosa, concreta certezza della
nostra quotidianità.
Così mi diresti, ne sono sicura. Se chiudo gli occhi,
riesco a vederti e mi sembra di udire la tua voce che pronuncia quelle parole.
Posso perfino avvertire la fragranza delle rose che coltivavi con passione nel
nostro piccolo giardino, quelle delicate, di un sontuoso rosso crèmisi, che
avevi ribattezzato con il mio nome.
Adoro sentirti pronunciare le due sillabe che compongono il
mio nome; lo adoro fin dalla prima volta che ci siamo incontrati e mi hai
chiesto come mi chiamassi. L'hai ripetuto in un soffio e la timidezza mi ha
fatto arrossire e abbassare gli occhi. Un nome comune il mio, quasi banale, ma
sulle tue labbra sembrava quello di una principessa delle fiabe, e tu eri il
principe dolce e bello come il sole dei miei sogni ingenui di bambina.
Mi manca la tua voce che mi chiama per nome, mi manca la
sottile emozione che ogni volta mi fa palpitare, ancora dopo tanti anni. Mi
manchi tu. Quanto dovrò aspettarti, amore mio? Quante interminabili notti dovrò
trascorrere insonne, orfana delle tue braccia, a maledire la luna, quella luna
che un tempo mi era amica, e tentare invano di placare l'assurda sofferenza che
mi strazia l'anima nel delirio di queste lettere?
Non appena tornerai le leggeremo insieme, ne rideremo
insieme. Mi prenderai un po' in giro e io fingerò di mettere il broncio, ma
sentirò il cuore scoppiarmi di felicità...
La felicità... ti affanni a inseguirla e non ti accorgi che
è lì, fra le tue mani, fatta di tanti piccoli istanti; lieve ed effimera come
le farfalle tra i viburni nella poesia del Pascoli che ti è tanto cara.
Non puoi afferrarla la felicità, non puoi fissarne gli
attimi in un eterno presente. Chiudi gli occhi e ti ritrovi già vecchia; la
vita è trascorsa in un soffio, come sabbia nella clessidra del tempo.
Adesso che sei lontano, mi ricordo di quanto siamo stati
felici insieme. Felici negli anni pieni di aspettative della gioventù, in
quelli convulsi della maturità e perfino nella melanconica rassegnazione del
nostro crepuscolo.
Ero felice senza saperlo, e soltanto ora che non ci sei, mi
rendo conto di essermi lasciata scorrere tra le dita quegli attimi preziosi.
Non c'è felicità senza te, amore mio; ho un peso doloroso
che mi opprime il petto, un enorme macigno che spezza il respiro in un rantolo
affannato.
Il medico dice che è il cuore; mi ha prescritto delle
medicine. Non sa che nessuna medicina potrà restituirmi la felicità...
L'inverno è finito, amore mio. Il primo, gelido,
interminabile inverno che ho trascorso senza te.
Una tiepida primavera punteggia di fiori i prati e riempie
l'aria di profumi. Le nostre rondini sono tornate; tra pochi giorni potrò
sentire il pigolio dei nuovi nati provenire dal nido sotto la grondaia. Per la
prima volta non lo ascolteremo insieme.
Sono proprio le piccole cose come questa a mancarmi di più,
ma tu non preoccuparti: a parte un po' di tristezza mi sento bene, sono forte e
saprò aspettare tutto il tempo che sarà necessario.
Oggi sono andata al parco. Sulla nostra panchina, un
ragazzo e una ragazza si tenevano per mano e bisbigliavano qualcosa sorridendo;
ogni tanto si scambiavano un bacio.
Mi sono intenerita ripensando a noi due a quell'età: in
fondo non eravamo tanto diversi.
Il tempo cambia molte cose, ma l'amore resta sempre uguale
a se stesso. L'amore sfida il tempo e non ha età. Finché durerà il Mondo, ci
sarà sempre una coppia d'innamorati a scambiarsi effusioni e promesse su una
panchina, in una splendida giornata di primavera...
Mio caro,
oggi è venuta a trovarmi la bambina. Lo so che nostra
figlia ha quasi cinquant'anni, ma per me rimarrà sempre la mia bambina.
Ricordi com'eravamo felici quando l'abbiamo portata a casa
dall'ospedale? Ci avevano fatto sposare in fretta e furia, prima che si
cominciasse a vedere che ero incinta, e tu avevi abbandonato l'università per
cercarti un lavoro, ma ci sembrava di toccare il cielo con un dito.
Non m'importava di avere rinunciato all'abito bianco, alla
cerimonia sfarzosa e al ricevimento; non provavo vergogna per quel meraviglioso
atto d'amore che aveva generato in me una nuova vita e non temevo le
responsabilità e gli impegni che, come prediceva con rammarico mia madre, “mi
avrebbero rovinato gli anni migliori”. Avevo te, la nostra creatura e un minuscolo
appartamento in affitto: mi sentivo la donna più fortunata del mondo.
Ripensandoci adesso, mi rendo conto di quanto quegli anni
siano stati duri, segnati da sacrifici e rinunce, ma allora eravamo
giovanissimi, forse un po' incoscienti e tanto innamorati. Il futuro non ci
faceva paura perché sapevamo che lo avremmo affrontato insieme...
Quando, quel futuro, ha smesso di sembrarmi così roseo? In
che momento la quotidianità ha cominciato ad appannare i sogni? Forse quando
non ti ho più chiesto di leggermi le tue poesie perché ero troppo stanca per
restare sveglia ad ascoltarle; forse per questo hai preferito nascondermi che
le stessi ancora scrivendo.
Mi tormenta il rimorso di non essere stata la moglie che
avresti meritato, e me ne rendo conto soltanto adesso che sei lontano.
Nostra figlia dice che devo elaborare e guardare al futuro.
Non comprendo questo linguaggio da informatica, non so cosa significhi il
termine “elaborare”. Dovrei smettere di aspettarti? Dovrei dimenticare il
passato?
Lei non è ancora abbastanza vecchia da sapere che il
passato è più reale del futuro, e che i ricordi sono un tesoro da conservare
gelosamente per trarne consolazione nei momenti di sconforto.
Lei non sa che mi aggrappo proprio a quei ricordi, a quello
che di te mi era sconosciuto e che scopro nel leggere le tue poesie, per
trovare la forza di riaprire gli occhi ogni mattina e aspettare il tramonto...
Assomiglia a te nostra figlia; l'azzurro degli occhi è
appannato dalla sofferenza, il biondo dorato dei capelli scolora nell'argento
dell'età. È ancora molto bella, ma la sua giovinezza è ormai soltanto un
ricordo.
Quanto teneramente amiamo la nostra bambina! Forse perché
non abbiamo avuto altri figli, forse perché rappresenta il frutto del nostro
amore.
La osservo: la sua espressione dolente mi blocca il
respiro, come se avessi un macigno sul petto. Vorrei prendere sulle mie spalle
anche il suo fardello, vorrei preservarla per sempre dagli affanni della vita.
Ingoio le lacrime e mi sforzo di sorriderle. La stringo forte
tra le braccia, le dico di non preoccuparsi: io sto bene e tu tornerai presto.
Andrà tutto nel migliore dei modi, andrà com'è giusto e naturale che vada. Fa
parte della vita, il dono meraviglioso che ci è stato concesso e del quale
dobbiamo accettare tutto. La felicità ma anche il dolore, l'onda e la risacca,
l'alba e il tramonto.
Scoppia a piangere a dirotto fra le mie braccia. Vorrei che
tu fossi qui con noi e mi aiutassi a consolarla...
Io ho le tue poesie a darmi forza e consolazione, e
scriverti queste lettere è come scavare a fondo nella miniera dell'anima, per
estrarne le gemme preziose dei ricordi.
Il passato mi aiuta ad affrontare il presente con serenità.
Al futuro cerco di non pensare; vivo ogni giorno con pienezza: sbrigo le
incombenze quotidiane, do una mano alla bambina, mi godo la compagnia e
l'affetto dei nipoti, che vengono a trovarmi ogni volta che possono.
Ho perfino ricominciato a dipingere, quei quadri un po'
naif che ti piacciono tanto, e mi prendo cura del giardino. Sai, i cespugli di
rose mi hanno regalato una meravigliosa fioritura. Come dici sempre tu, le
piante sono vive, sentono chi le ama e restituiscono l'amore che ricevono.
Non è facile andare avanti senza di te, però non voglio che
ti preoccupi: mi sento bene e assaporo ogni istante della vita. Sono solo un
po' triste, ogni tanto, ma non piango. Non lo faccio quasi mai. So che tu non
vuoi che pianga.
Quando tornerai, avrò molte cose da raccontarti e sarai
orgoglioso di me...
Ho pensato a tutto e sistemato ogni cosa, amore mio;
proprio come avresti desiderato e fatto tu.
Non credevo che ne sarei stata capace, che avrei trovato la
forza. La quercia colpita dal fulmine non si è schiantata in mezzo alla bufera;
ha saputo farsi giunco e assecondare il vento impetuoso senza lasciarsi
sradicare.
È stato doloroso, una sofferenza che non sapevo di poter
sopportare; lo è ancora, ma il tempo ha edulcorato le ferite. È trascorso in
fretta il tempo, e presto colmerà la voragine che ci separa.
L'attesa sta per terminare; mi sento in pace, sono pronta.
Sto bene, mi sembra di vivere una seconda giovinezza, ho ritrovato l'energia e
l'entusiasmo che mi avevano abbandonato da anni.
Il mio cuore palpita di trepidazione, come il giorno che ti
ho visto aspettarmi sul sagrato della chiesetta dove ci siamo uniti in
matrimonio.
Ogni mattina apro gli occhi e penso che potrebbe essere
quel giorno, il giorno che tornerai da me. Mi verrai incontro sorridendo come
facesti allora, mi prenderai per mano e mi accompagnerai in un meraviglioso
viaggio...
Ci concederemo quel viaggio di nozze che non abbiamo fatto
e gli altri che abbiamo sempre rimandato. I soldi erano pochi, la bambina aveva
bisogno di tante cose e c'era sempre qualcosa di più urgente. Tu lavoravi tutto
il giorno e la sera, anche se crollavi dalla stanchezza, mi davi una mano e ti
occupavi della piccola.
Non ti ho mai sentito rimpiangere gli studi interrotti o
recriminare per le responsabilità che avevi dovuto addossarti troppo presto.
Sei stato un buon marito e un buon padre; ci hai regalato gioia e serenità,
anche se la vita non ci ha risparmiato giorni bui e dolorosi.
Se ripenso ai nostri cinquant'anni insieme, non ricordo una
sola occasione in cui non ti abbia avuto al mio fianco, nel bene e nel male, a
infondermi forza e fiducia. Non è trascorso un giorno senza che mi svegliassi
con un bacio la mattina, e nell'augurarmi la buona notte, non hai mai
dimenticato di aggiungere “amore mio”.
Lo ritrovo nelle tue poesie che parlano di cieli stellati e
tramonti, tutto l'amore che sei capace di donare...
Questo quadernetto con le pagine vergate dalla tua grafia è
la cosa più preziosa che possieda. Oggi l'ho sfogliato per l'ultima volta, mi
sono soffermata a rileggere qualche verso, ho accarezzato la carta un po'
ingiallita, ho annusato il tenue profumo della tua acqua di colonia, che ancora
conserva.
Il cuore batte più forte del solito; so che non è soltanto
per l'emozione, so che il momento si avvicina.
Ho riposto il quaderno in una scatola, insieme alle lettere
che ho scritto da quando te ne sei andato e ai documenti per nostra figlia. Ho
lasciato qualche riga anche per lei perché non voglio che sia triste: ovunque
saremo, tu ed io veglieremo sempre sui nostri cari.
Non mi resta molto tempo e ho ancora alcune cose da fare;
desidero rivedere la nostra panchina e salutare il lago che abbiamo tanto
amato. Farò un giro sul battello e mi godrò lo stormire delle cannelle al vento
e il mormorio dell'acqua nei canali, come facevamo insieme nelle belle giornate
di primavera. Tu sarai con me, nei miei pensieri e nel cuore...
Amore mio,
stamani mi sono svegliata presto e mi sento piena di
energia come non accadeva da tempo.
Il cuore si è calmato, avverto solo un leggero sfarfallio
nel petto, ogni tanto, come se perdesse qualche battito e subito dopo
accelerasse per rimettersi in pari. Non fa male, anzi, mi sento leggera come
una piuma.
Ho capito che oggi è il gran giorno. Sono felice e piena di
entusiasmo perché tra poco ti rivedrò. Non ho paura... forse un pizzico di
timore, quel timore che ogni essere umano nutre nei confronti dell'ignoto, ma
paura no, e nemmeno rimpianti. Ho avuto una vita lunga e piena, con te e nel
tuo ricordo, e la memoria di noi rimarrà intatta nel frutto del nostro amore.
Adesso indosserò il tailleur blu, quello che ti piace tanto
e che mi sta ancora bene. Raccoglierò le tue rose preferite, gialle screziate
di vermiglio, e verrò per l'ultima volta a portartele.
Questo pazzo, vecchio cuore mi concederà ancora un po' di
tempo, prima che il tempo e lo spazio che ci separano si annullino per
sempre...
Sono qui, amore mio, nel piccolo cimitero immerso nel verde
che ti ha accolto quando te ne sei andato e dove riposi da dieci, lunghi anni.
Ho sistemato con cura le rose nel vaso e spolverato la
fotografia. Incontrare i tuoi occhi sorridenti è un'emozione violenta, come la
prima volta.
La passeggiata mi ha tolto le forze, il cuore scalcia nel
petto come un puledro imbizzarrito. Presto potrà placarsi; gli chiedo solo una
manciata di tempo ancora. Il tempo di tornare a casa, la nostra casa, quella
dove siamo stati felici.
Aspetterò che tu venga a prendermi. Potrò riabbracciarti,
finalmente; potrò stringere di nuovo la tua mano e venire via con te. Non so
dove mi porterai: forse in un giardino pieno di fiori profumati, forse in riva
al mare, sulla spiaggia bianca e immensa dove ci siamo dichiarati per la prima
volta il nostro amore. Qualsiasi luogo, insieme a te, sarà il Paradiso.
Mi sdraierò sul nostro letto, chiuderò gli occhi e ti
aspetterò.
Sono così stanca... credo che mi addormenterò. Ti prego,
appena arrivi risvegliami con un bacio.