Non cerco un perché
al flagello dei
giorni,
alle notti opprimenti
infestate da spettri
di sogni dissolti.
Non faccio domande,
non più, oramai;
non pretendo di
capire,
né invoco l’oblio.
Mi lascio sbattere
come canna nel vento,
e raddrizzo la
schiena
dopo ogni sferzata.
Sputo la rabbia
mischiata a veleno
e proseguo il cammino
senza strisciare.
Questo solo mi resta
di quello che fui,
delle vane speranze:
l’odio, l’amore, lo sdegno,
i tumulti insensati
coi quali m’illusi
di fottere il mondo.
Sorrido al ricordo
e non sento dolore,
non più, oramai.
Non sento null’altro
se non il mio sangue
che irrora le viscere,
e il sole impassibile
a scaldarmi la pelle.
E tanto mi basta.
Non chiedo, non prego,
non faccio domande,
non voglio risposte:
non è più importante,
non più, oramai…
Poesia triste, soffeta, vera come la vita.
RispondiEliminaBrava!