Loris sgattaiola furtivo nel retrobottega del negozio di
antiquariato. Non ne poteva più di fingere entusiasmo per le quattro
carabattole ammuffite, dal prezzo esorbitante, che mandano in visibilio la sua,
ahimè, quasi moglie.
Come
abbia fatto a lasciarsi incastrare da quella snob, sexy come un asparago,
ancora non riesce a spiegarselo. Fa parte del “Piano B”: laurea con lode,
prestigiosa carriera nello studio dell’architetto, amico del “Vecchio” (previa
promessa di impalmarne la figlia), villetta signorile… e bla blablà…
Pensare
che era un virtuoso della chitarra elettrica!
«Chitarrista
rock… che bestialità!» tuonava papi, col furore dei giusti.
«Un
figlio capellone, pieno di tatuaggi… che vergogna…» piagnucolava mammina.
Così
il "Piano A" è rimasto un sogno, imprigionato nella cassa di risonanza del
cuore; plettro buttato alle ortiche. Amen!
Si
guarda intorno sconsolato: mobili vetusti, ninnoli polverosi, quadri dalle
tinte angoscianti… una faraonica poltrona damascata, laggiù in penombra, tutto sommato,
invitante. Sprofonda con un sospiro nel cigolio delle molle, tra il tripudio
degli acari; socchiude le palpebre, sognando la mitica Fender Stratocaster,
relegata in soffitta.
Un’esplosione
di riff devastanti… Loris spalanca gli occhi, la bocca e tutti i pori della
pelle. Pupille nere come la notte lo fissano dal singolare volto incavato;
lunghi capelli corvini si dimenano come serpi nel fuoco; dita affusolate torturano
la chitarra, strappandole gemiti e sospiri, quasi fosse un’amante appagata.
Bello
come un angelo, intrigante come il demonio.
«Oddio…
Steve Vai…» boccheggia Loris, esterrefatto.
«Oh,
yeah!» annuisce il “Divino” col suo ammiccante sorriso, scatenandosi in un
“guitar solo” indemoniato.
Loris
scatta in piedi, inciampa in una scrivania tarlata, fa cadere un paralume
demodé; mentre corre fuori, strappa via dal collo il cappio della cravatta
firmata.
Deve
recuperare la Fender, radunare la band… 'fanculo l’asparago avvizzito e tutto il
“Piano B”!
«Grazie,
Steve, amico mio… stay rock!»