«Allora
vado. Ho lasciato delle caramelle sul tavolo.»
«Perché?»
Distolgo l’attenzione dallo schermo e getto un’occhiata distratta a Giusy, la
mia compagna. «Lo sai che non sono goloso…»
La
voce muore in gola alla visione della bellissima vampira, che sorride
divertita.
«Sciocco!
Sono per i bambini che verranno a suonare alla porta. È un’usanza della notte
di Halloween: dolcetto o scherzetto. Dovrai onorarla, altrimenti sarà peggio
per te!» Esclama, puntandomi contro l’indice dall’unghia affilata e dipinta di
nero.
Negli
occhi bistrati balena un lampo di scherzosa minaccia; le labbra, cariche di
rossetto scuro, si schiudono come un fiore carnivoro sui canini posticci, che brillano
di sinistri bagliori. È terrificante e stupenda, terribilmente sexy nell’abito
di seta nera che le fascia il corpo e scopre il décolleté. Deglutisco per
riprendermi dalla sorpresa, mi alzo e mi dirigo verso di lei, che ha indossato
il cappotto e sta per aprire la porta. Le circondo la vita con un braccio e
l’attiro a me, inebriato dal suo profumo e dalla stuzzicante sensazione di
solletico dei lunghi capelli corvini.
«Sei
sicura di dover andare?» Le sussurro all’orecchio. «Potremmo festeggiare tu ed
io, da soli… mi lascerei perfino mordere sul collo.»
«Smettila,
dai!» Mi punta i palmi contro il petto. «Mi rovini il trucco, e le ragazze
aspettano; è solo un’uscita tra amiche, tra un paio d’ore sarò di nuovo a casa
e riprenderemo il discorso,» ridacchia, maliziosa, «sempre che non ti addormenti
davanti alla tivù come al solito.»
Fingo
di essere offeso e mollo la presa: «Vai, vai, altrimenti rischi di arrivare
tardi al Sabba!»
«I
vampiri non partecipano ai Sabba!» Ride. «Sei sicuro di non voler venire? È la
“notte nera” delle streghe: i negozi sono aperti, ci sono luminarie e
festeggiamenti in ogni quartiere, si mangia per le strade, si canta e si balla
tutti insieme. Sono certa che ti divertiresti…»
«Uhm…
ne dubito,» scuoto la testa, «non è roba per me: non amo la confusione, e
queste “americanate” non le capisco. Guarderò un film e ti aspetterò sveglio, mia
dolce “succhia sangue”. Vai pure a caccia delle tue vittime e divertiti.»
Mi
fissa titubante, poi mi schiocca un sonoro bacio sulla gota e sparisce in un baleno,
come un’oscura creatura delle tenebre. Sospirando di rassegnazione, mi consolo
nell’abbraccio della poltrona e afferro il telecomando. Una scampanellata interrompe
il mio zapping. La solita distratta –penso- ha sicuramente dimenticato qualcosa,
oltre le chiavi di casa, o forse ci ha ripensato e preferisce “vampirizzare”
me, anziché andare in giro di notte con quelle pazze delle sue amiche. La sottile
speranza mi regala una sferzata di energia: scatto in piedi come una molla e mi
precipito ad aprire. Non vedo nessuno, poi mi sento strattonare per l’orlo
della felpa e abbasso lo sguardo. Cinque o sei nanerottoli, mascherati da
zombie, mi fissano con gli occhi cerchiati di nero nei visetti esangui. Che
strani bambini –rifletto, perplesso- dovrebbero schiamazzare festosi, invece se
ne stanno in silenzio, immobili, quasi senza respirare, come se fossero davvero
dei morticini viventi.
«Dolcetto
o scherzetto!»
La
vocina squillante mi fa sussultare. Ruoto il capo e la vedo: una macchia di
colore rosso acceso nel buio della notte. Che ci fa, Cappuccetto Rosso, in un
branco di zombie? La bambina, quattro, cinque anni, batte per terra i piedini,
stizzita.
«Dolcetto
o scherzetto!» Strilla di nuovo, impaziente. «E non dire che non hai nulla da
regalarci: so benissimo che ci sono dei dolci per noi. Avanti, cacciali fuori!»
Non
so se arrabbiarmi o scoppiare a ridere. «Ehi, piccola, che modi! La mamma non
ti ha insegnato che le cose si chiedono “per favore”? Rifammi la richiesta in
maniera educata e, forse, vi darò qualche caramella.»
«Peggio
per te…» sibila la piccola, «me le prenderò da sola!» e mi sferra un calcio in
uno stinco. La sorpresa cede il passo al dolore, al quale subentra
l’indignazione. Non sopporto i bambini, e questa è una vera peste.
«Sparite!»
urlo. «Andate a rompere le scatole a qualcun altro!»
Mentre
sbatto la porta sulle facce ebeti dei mini zombie e su quella, paonazza di
collera, della malefica frugoletta dal cappuccio rosso, la sento sussurrare:
«La pagherai: non si negano le caramelle a una bambina…»
Che
tipo! Una streghetta, altro che Cappuccetto Rosso! Come diavolo sarà venuta, a
sua madre, l’idea di camuffarla in quel modo? Un rumore, simile a un fruscio di
carta, interrompe le mie riflessioni; mi giro e… la bambina è di spalle accanto
al tavolo, scarta le caramelle e se le mette in bocca: sento distintamente lo
sgranocchiare dei dentini.
«Come
sei entrata?» Balbetto.
Si
volta lentamente, sorride, e il cuore mi si ferma nel petto: al posto del
visetto paffuto dalle gote rosse c’è un teschio scarnificato, con due pezzi di brace
fiammeggiante nelle orbite. Spalanca la mandibola sdentata e sghignazza,
diabolica. Indietreggio in preda al panico mentre l’essere immondo avanza verso
di me, brandendo un coltellaccio nella mano scheletrica. Quando sto per
guadagnare la porta mi sento afferrare per un braccio. -Gli zombie!- Penso, ricordando
all’improvviso gli inquietanti compagni di merende del piccolo mostro. Pazzo di
terrore, caccio un urlo disumano; sento le forze venir meno e mi accascio sul
pavimento...
«Ehi,
sono io, svegliati!»
Sbatto
le palpebre, impiego diversi secondi per mettere a fuoco il volto di Giusy, che
mi fissa preoccupata.
«Lo
sapevo che ti saresti addormentato! E devi aver fatto un brutto sogno, a
giudicare dalla faccia : sei pallido e tremi come se avessi visto uno spettro.
Andiamo a dormire, dai… Halloween non è la festa per te.»
Afferro
la sua mano per alzarmi dalla poltrona e avverto un sinistro scricchiolio, come
di legna secca, oppure di… ossa! Nel palmo sto stringendo le falangi di uno
scheletro. Sollevo gli occhi… al posto del volto di Giusy, il teschio dagli
occhi di brace mi fissa beffardo. L’orrenda voragine che un tempo era una bocca
sta masticando qualcosa… sono caramelle!